La psicologia del giocatore di scacchi
Fine Reuben
Al di là delle spiegazioni più immediate (denaro e fama), questo libro ricerca le motivazioni segrete che hanno indotto uomini dai talenti più diversi a dedicare agli scacchi uno smisurato spazio mentale e pratico.
Descrizione
«Mi piace vederli dibattersi»: così confessò, a proposito dei suoi avversari, Bobby Fischer prima di strappare a Spassky, nel 1972, il titolo di campione mondiale di scacchi. Al di là delle spiegazioni più immediate (denaro e fama), questo libro ricerca le motivazioni segrete che hanno indotto uomini dai talenti più diversi a dedicare al gioco uno smisurato spazio mentale e pratico. L`autore non offre soltanto una psicoanalisi degli scacchi, ma ripercorre la vita dei campioni del mondo e i loro conflitti: da Morphy, che si ritirò dal gioco all'età di ventidue anni per soccombere poi gradualmente a una nevrosi, a Steinitz, che in stati allucinatori giocava con Dio, concedendogli il vantaggio di un pedone e della prima mossa, da Alechin, 'il sadico del mondo scacchistico', a Fischer, un genio dalle reazioni spesso incomprensibili. Il gioco degli scacchi, che incanala - e nello stesso tempo esaspera - un'aggressività implacabile, appare infatti destinato a sviluppare fantasie di onnipotenza. Non mancano però, nel libro di Fine, anche gli 'anti-eroi' che cercano di resistervi: né stupisce la difficoltà della loro lotta, ove si pensi che la teoria del gioco coinvolge anche l'ideologia, tanto che si è parlato di stile capitalistico e di Scuola Sovietica, di stile individualistico e di paura del deviazionismo. L'americano Reuben Fine, che è stato tra i massimi scacchisti intorno agli anni Quaranta e ha scritto libri fondamentali sulla teoria del gioco, esercita da decenni l`attività di psicoanalista e in tale veste incontrò Fischer adolescente, come racconta in queste pagine.
Informazioni
- Casa editrice Adelphi
- Codice 4559
- Pagine p. 188
- Isbn 9788845901850